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La guerra di Macrì contro il popolo Mapuche
autore: Raul Zibechi


“Questa è la nuova Campagna del Deserto”, non con la spada ma con l’educazione”, ha detto Esteban Bullrich, ministro dell’Educazione e dello Sport, all’inaugurazione di un ospedale – scuola, nel settembre dell’anno scorso (goo.gl/JxD7Wl).    Più che la brutalità delle parole dell’attuale candidato a senatore, che allora contendeva la provincia di Buenos Aires con Cristina Fernandez, la frase mette a nudo quello che pensano quelli in alto a proposito dei popoli originari.

La Campagna o Conquista del Deserto è stato un genocidio perpetrato dallo Stato argentino tra il 1878  e il 1885, quando strappò grandi estensioni di territorio ai popoli mapuche, ranquel e tehuelche.  Gli indigeni sconfitti dalle forze comandate da Julio Argentino Roca furono deportate a forza in campi di concentramento, esibiti in musei o trasferiti come mano d’opera forzata.

L’obiettivo di fondo , che non si può esprimere pubblicamente ma che è la forza motrice oscura di questa politica, è l’espropriazione dai loro territori per incorporare terre al mercato ed estendere la repubblica in zone che, prima e ora, sono considerate come deserto, perché spazi poco fertili per l’accumulazione del capitale.

La famiglia Bullrich (il candidato macrista e sua zia Patricia, attuale ministra della Sicurezza) fanno parte di una distinta famiglia della oligarchia argentina che giocò un ruolo diretto nella Campagna del Deserto.

Lo storico Osvaldo Bayer ha mostrato, sulla base di documenti della Sociedad Rural che, tra il 1876 e il 1903, sono stati concessi quasi 42 milioni di ettari a 1800 famiglie ed impresari amici del presidente Roca.   Alcune famiglie, come quella dell’ex ministro dell’Economia dell’ultima dittatura, Martinez de Hoz, hanno ottenuto gratuitamente 2 milioni e mezzi di ettari.

Secondo informazioni della BBC, una buona parte di queste terre appartiene attualmente a Benetton, che possiede quasi un milione di ettari essendo uno dei principali proprietari della Patagonia, in conflitto permanente con le comunità Mapuche, visto che la multinazionale occupa parte del suo territorio ancestrale (goo.gl/73JZTy).

L’estrattivismo è la continuazione della Campagna del Deserto.


Secondo il giornalista Darío Aranda, dai 40 progetti minerari allo studio (nel 2003) si è arrivati a 800 progetti (nel 2005), dai 12 milioni di ettari coltivati a soia transgenica si è arrivati a 22 milioni nello stesso periodo.  Amnisty International ha contato una quantità di 50 casi di conflitto  tra i quali ha individuato un punto in comune: dietro ci sono sempre imprese (agricole, petrolifere e minerarie, tra le altre) che agiscono in complicità, per azioni e omissioni, con i governi (goo.gl/71ckCG).

I mezzi di comunicazione si occupano del lavoro sporco descrivendo i mapuche come vincolati alle FARC, ai gruppi curdi e con l’ETA, pur senza alcuna prova, appoggiandosi solo alle dichiarazioni del governatore di Chubut, al servizio dell’espansione dell’industria mineraria.  La ministra di Sicurezza, Bullrich,  è andata oltre affermando che i mapuche sono un problema per la sicurezza nazionale, accusandoli di terrorismo, aggiungendo inoltre che stanno portando avanti un progetto secessionista.

“Non permetteremo una repubblica autonoma e mapuche dentro l’Argentina.  Questa è la logica che perseguono, il mancato riconoscimento dello Stato argentino, una logica anarchica”. Questo è ciò che afferma [la ministra, N.d.T.] che negli anni settanta militava nell’organizzazione armata Montoneros (goo.gl/yp2hfU).

Questo chiocciare da gallina maschera un sentimento di vero fastidio (da parte del potere, N.d.T.): “negli ultimi 15 anni, dopo aver esaurito tutte le istanze amministrative e legali, il popolo mapuche ha recuperato 250 mila  ettari che stavano nelle mani dei grandi proprietari”, assicura Aranda. In  altre parole, nonostante la repressione, la criminalizzazione e la diffamazione, i mapuche stanno vincendo.

Il conflitto dello Stato contro la comunità mapuche Pu Lof in resistenza, nella località di Cushamen, provincia di Chubut, si è intensificato dal 2015 a causa della repressione e criminalizzazione dei suoi leader. Il lonko Facundo Jones Huala, autorità mapuche della comunità, è stato incarcerato il 28 giugno di quest’anno, il giorno stesso in cui si riunivano il presidente Mauricio Macri e Michelle Bachelet (attuale presidente del Cile, N.d.T.), accusato dal governo di terrorismo, incendi, furti, minacce e, addirittura, di aver dichiarato guerra a Cile e Argentina(goo.gl/1khbBy).

Il primo di agosto agenti della Gendarmeria Nazionale hanno invaso e bruciato istallazioni della comunità.   Nel quadro della repressione è scomparso l’attivista solidale Santiago Maldonado, mentre cercava di attraversare un fiume, insieme ai suoi compagni,  inseguiti dalla polizia.  Da allora non si sa nulla di dove si trova e il governo rifiuta di dare informazioni mentre crescono le manifestazioni e i presidi che chiedono la sua restituzione con vita.

Ci sono tre fatti che creano disperazione tra quelli in alto e spiegano la brutalità repressiva.

Uno, il popolo mapuche è vivo, non si arrende e recupera terre, che è la base della sua ricostruzione come nazione.

Due, la campagna nazionale e internazionale in suo appoggio.  Un centinaio di organizzazioni dei popoli originari, Amnisty International, il Servizio di Pace e Giustizia e l’Assemblea Permanente dei Diritti Umani hanno emesso un comunicato intitolato La lotta indigena non è un delitto dove si dice che lo Stato privilegia gli interessi dei petrolieri e criminalizza il popolo mapuche.

Tre, i mapuche si sono date le più diverse organizzazioni, tra queste la Resistenza Ancestrale Mapuche (RAM), che si dedica a recuperare terre. Daniel Loncon, militante della Cattedra Libera dei Popoli Originari, ha detto che tra i mapuche alcuni preferiscono la via diplomatica, per quanto ricordino bene che loro nonni sono morti passando da un ufficio all’altro chiedendo la legittimazione delle loro terre. Il RAM, in questo senso, è una espressione del popolo mapuche stanco di questa ingiustizia storica  ma cosciente  di dove si trova il potere economico che gestisce tutto questo. Perché il recupero delle terre non si fa al vicino  ma piuttosto recuperandole dalle multinazionali(goo.gl/GEqKq9).

¡Marichiweu! (in lingua mapuche: Vinceremo!, N.d.T.)

Fonte:   La Jornada 18/8/2017   http://www.jornada.unam.mx/2017/08/18/opinion/022a1pol

Tradotto da Ya Basta Milano

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